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Marco Ermes Luparia, Roma 2010
Tutto deve avere la sua origine dalla verità! La verità interiore e quella delle cose sensibili si deve incontrare in un qualche punto all’orizzonte della vita dell’uomo. La realtà dell’uomo nella sua intimità e singolarità incrocia, che lo voglia o no, le altre verità dei singoli nella loro ricerca di sé e di quanto appare ai loro occhi.
Las ricerca della verità ha impegnato l’uomo da sempre. Lo ha attratto fortemente e talvolta talmente affascinato da indurlo a dare una risposta, qualunque risposta pur di non rimanere sospeso sull’ignoto.
La scienza moderna fin dal rinascimento ha alternato il suo sguardo verso l’infinito universo e le cose di quaggiù. Man mano che le possibilità strumentali venivano affinandosi all’uomo degli ultimi cinque secoli lo scenario andava chiarendosi alternando frammenti di oggettività a pezzi di fantasiosi modelli interpretativi.
Tuttavia agli occhi degli storici della scienza alcune teorie puerili non sono mai apparse detestabili, dimostrando in se stesse quanto fosse forte l’anelito dell’uomo ad approfondire la conoscenza. L’apparato teorico-scientifico aveva bisogno anche di periodi più o meno lunghi di stabilità dottrinale, un qualcosa a cui credere e su cui poter costruire il futuro. I picchi di ingegno sono apparsi all’interno della calma piatta della scienza, per così dire, del “quotidiano”. Le scuole di pensiero, tutte le scuole di pensiero da quelle più credibili fino alle più fantasiose. Alla fine sono state le trame dei fili che hanno intessuto il nido di scoperte epocali nate da voli arditi e controcorrente.
I profeti della scienza non sofferto poco per avere gettato lo sguardo oltre lo spettro miope di chi si accontenta del poco e del certo. In conflitto con il mondo contemporaneo, in conflitto con i predecessori pagarono di persona l’ostracismo o, nella migliore delle ipotesi, l’indifferenza.
Amore per la scienza è amore per la verità fino a qualche decennio fa coincidevano, ora non più. Possono coesistere due o più verità, quella incontestabile dei dati di fatto frutto di una ricerca ispirata al rigore intellettuale e morale, e verità soggiogate da interessi di parte, siano essi economici o politici. Sia uno che l’altro tendono ad aggiustare le cose per acquisire maggiore potere e prestigio.
Al rigore ed alla onestà si sostituisce la malizia, finalizzata a costruire un oscuro puzzle in cui si alternano tessere appartenenti all’immagine ricercata ed altre costruite ex-novo per aggiustare le cose a proprio uso e consumo.
L’Homo Oeconomicus impone la sua dittatura ideologica nella quale, gli obiettivi che si vogliono raggiungere non devono avere impedimenti di sorta, dalla menzogna, alle verità parziali, fino all’uso delle verità indiscutibili usate a macchia di leopardo, devono essere perseguiti e soddisfatti.
Giovanni Paolo II dava alla ricerca della verità un posto d’onore. Da filosofo e da studioso riteneva non solo la ricerca e l’approfondimento della conoscenza dell’uomo di sè stesso e del Creato, un punto di forza in virtù del privilegio dato agli uomini da Dio stesso, ma persino un dovere.
La scienza cristianamente ispirata, rispettosa delle leggi di Dio di cui è alla ricerca, diventa parte di una rivelazione per l’uomo e per il suo bene. Dio gioca con la sua creatura allineando i suoi doni facendoli comparire e scomparire a seconda della purezza di cuore di chi partecipa all’evento ludico. Non tutti sono inviatati, molti barano nel gioco strappando parti di conoscenza per usarli a proprio uso e consumo.
Un esempio eclatante di questo tempo è il “progetto menoma” in cui il delirio di potere dell’uomo a toccato persino l’ideologia della “privatizzazione della vita”. Le leggi della vita vengono messe in commercio, cosi che chi ha denaro potrà usufruire di opportunità di interventi sulla propria genetica o dei propri cari. Oggi vediamo che questo progetto è completamente fallito poiché quanto scioperò manca della ruah lo spirito creatore di Dio e quindi non è utilizzabile come si pensava.
Non contenti di questa ricorsa a strappare il mantello del Creatore dell’universo, al CEN si sta cercando di riprodurre il “Big bang”. Il successo di avere generato una energia mai raggiunta fino ad ora ha convinto i ricercatori di essere vicini alla scoperta della “particella di Dio”. Immagino quanta voluttà e godimento possano dare applicazioni tecnologiche di tale elevatezza, e nello stesso tempo sento una grande tristezza allorché dalla conoscenza della natura si passa allo stupro delle leggi dell’originario equilibrio dell’universo. Ogni variazione all’armonia del creato si rivelerà “copertina corta” (o ci si copre la testa o ci si copre i piedi) potrà dare esiti imprevedibili.
Tuttavia l’uomo pur nella sua intelligenza non impara dal passato. Tanto è ridotta la sua capacità predittiva, tanto è ridotta la sua memoria.
Anche le verità storiche, quelle costruite sui milioni di morti di guerre scellerate e devastanti, non sopravvivono se non per qualche decennio. Il nazismo e la sua nefasta ideologia oggi riappare con i suoi spettri inquietanti. Le democrazie di nazioni cosiddette civili, costruite in secoli di evoluzione civile, virano lentamente verso chine totalitarie sedotte come sempre dalle voglie di potere di una parte della collettività sull’altra. Le verità fondate sui valori di un tempo non sono più valide e vengono sostituita da altre verità (discutibili) sulle quali costruire il futuro.
Amare la verità diventa allora un imperativo categorico, che richiede una maturità che l’uomo non ha in sè come bene innato. La maturità è un obiettivo da perseguire singolarmente e collettivamente. Richiede tempo, sforzo e fatica, anzi talvolta vera e propria sofferenza, la sofferenza dei farsi indietro, di demordere da obiettivi equivoci, di ammettere di avere sbagliato.
Parlando all’Università Cattolica Giovanneo Paolo II così si esprime ai futuri sudori ed ai loro docenti:
“La nostra epoca, infatti, ha urgente bisogno di questa forma di servizio disinteressato, che è quello di proclamare il senso della verità, valore fondamentale senza il quale si estinguono la libertà, la giustizia e la dignità dell’uomo.”[1]
Poche parole, ma chiare e precise! Senza la verità in ogni ambito della vita dell’uomo, viene compromessa la libertà quale bene supremo a cui tutti gli uomini devono aspirare, la giustizia quale strada maestra per la buona convivenza delle collettività tra di loro ed al loro interno e la dignità dell’uomo. La dignità è il bene interiore con cui ogni essere umano ha diritto di essere trattato dai suoi simili. Chi si sente di negare che le ingiustizie sono figlie delle menzogne costruite ad arte per soggiogare i propri simili e sottometterli al proprio dominio? Ci si sente di negare che le libertà stesse costruite su menzogne utilitaristiche minano ala radice questa aspirazione. Lo attestano i frutti avvelenati del liberismo e del libertarismo, che con le loro malizie di fondo rendono schiavi gli uomini dei stessi loro desideri e passioni divenuti irrefrenabili. E’ sotto gli occhi di tutti come il mondo moderno sia costretto a difendere addirittura i veleni che produce, non può fermare i processi produttivi che vanno avanti proprio per via di questa idolatria della libertà in cui tutti hanno diritto a fare tutto, nonostante gli effetti patologici sugli altri sulla loro salute e talvolta sulla loro vita.
La verità allora, il fare verità è il punto di partenza. Ma prima di cercare la verità su ciò che appare ai nostri occhi dobbiamo fare verità su ciò che invece non è così immediatamente chiaro: la propria interiorità.
Conoscere è stessi significa affinare lo strumento per eccellenza per dare buone e corrette valutazione su ciò che appare fuori. Purtroppo l’Io dell’uomo moderno si talmente ammalato di titanismo che, puro di difendere l’immagine che si è creata di se, da dentro estrae solo quello che gli può fare comodo, lasciando nell’ombra e nell’oblio (fatto ad arte) di ciò che è scomodo o addirittura malato.
Il titanismo è molto di più del narcisismo. Il narcisismo attiene alla vita del singolo ed alla immagine che ha di sè, il titanismo invece è un male esportabile e contagioso. Il titanismo può fare ammalare intere collettività. In vere e propri derive ideologiche moltitudini eleggono menzogne a verità, le sostengono reciprocamente, le saltano fino a perdere ogni senso critico e dopodichè, per passa-parola, le considerano dogmi indiscutibili. Da qui a tragedie planetarie il passo è breve (e ne abbiamo recenti esempi sullo scenario geopolitico internazionale).
Nella recente ed illuminata enciclica “Charitas in veritate”, Benedetto XVI è andato rinforzando questo richiamo al mondo moderno a fare verità., anzi a permeare di verità ogni suo agire. Sbaglia chi pensa che l’enciclica si diretta al mondo secolare e materialista, essa manda un messaggio chiaro e preciso a tutti credenti e non credenti, cristiani ed appartenenti ad altre confessioni religiose. Sembra quasi che l’enciclica abbia preceduto il terremoto che in questi giorni si sta abbattendo sulla Chiesa universale a causa degli scandali di pochi ma scellerati figli. Chissà sen ella volontà di chiarezza del Santo Padre non si nasconda la profezia, quale sussurro di Dio, di invitare tutti al rinnovamento radicale.
E’ sotto gli occhi di tutti che la Chiesa Cattolica è nel mirino del suoi più efferati nemici, i quali la stanno colpendo senza sosta in tutti i paesi del mondo, utilizzando lo scandalo per screditare l’intera Chiesa di Dio. La generalizzazione coglie la debolezza di pensiero del mondo moderno il quale intrappolato in quello che io chiamo “pensiero minimo” si accontenta di un elemento per dare sentenze definitive sul tutto.
Questo è il momento per affrontare la situazione in spirito di verità, senza mezze misure, ma in ogni direzione. Gli attacchi che evrtono sull’immoralità di certi preti devono onorare il principio del “saper ben riconoscere e saper ben difendere”.
Questo mio breve scritto vuole proprio ispirarsi a questo principio di trasparenza, ma non di debolezza, di cogliere la debolezza del micro ampliando lo sguardo però anche sul macro. Vuol trasformare quello che è un tentativo di annichilimento in un punto di forza e rinnovatore per l’intera società. In altre parole quello che sembra l’anticamera di una tragedia, come è nelle intenzioni dei detrattori, deve diventare un richiamo forte e planetario ad una moralizzazione a cui anche i moralisti-giustizialisti dovranno sottomettersi.
L’origine dei mali, lo sappiano benissimo, sta nella deriva etica dell’intera società, compresi i cattolici, che non appaiono immuni dal relativismo imperante sia sul piano etico che religioso. La licenziosità dei costumi, del linguaggio, degli stili di vita all’insegna della totale licenziosità e che vengono sbandierati come un grande progresso.
Gli scandali che noi osserviamo sono le bombe che scoppiano qua e là. Ma l’artificiere ed il detonatore sono sempre molto lontani dal punto di deflagrazione. Le cause remote delle brutture che assurgono alle prime pagine dei giornali hanno la radice profonda nella storia individuale, ma attingono ancora più profondamente nell’ideologia liberista respirata da sempre ormai da intere generazioni. Il “tutti possono tutto”, oppure “il più forte può sopraffare il più debole”, sottendono non un solo tipo ma innumerevoli forme di comportamenti devianti.
Non si può relegare l’immoralità ad un singolo comportamento! Viviamo in contesto di immoralità diffusa molto di più di quello che possiamo sospettare. Vi sono comportamenti che noi facciamo rientrare nella normalità e anche invece possono essere inseriti a buon titolo in comportamenti immorali. Alcuni di questi diventano costume, addirittura norma per gruppi di attività professionali.
Si pensi allo strapotere dei giornalisti nelle cui mani c’è il destino di tante persone. Persone anonime di punto in bianco vengono sbattute in prima pagina con le più infamanti accuse, per essere poi prosciolte da ogni colpa, senza risarcimenti o con delle smentite dalla rilevanza irrisoria.
La stessa mancanza di scrupoli, arricchita di vergognosa disinvoltura, appare nel mondo della politica, dove pubblico e privato vengono oscenamente scissi. Come se la persona non fosse una, come se la sua moralità pubblica e quella privata fosse appannaggio di due ambiti fra loro divisi.
Che dire del campo dell’economia. Nel nome del “dio denaro” e del “dio profitto”, si sacrificano migliaia di persone, la loro dignità le loro famiglie spalancando sul loro futuro gli scenari più foschi. I più deboli non riescono a sostenerli e preferiscono togliersi la vita. Per questi “omicidi” non ci saranno processi, non ci saranno colpevoli, tutto cadrà nella pattumiera del perbenismo ideologico dove tutte le carte sono al loro posto.
I media poi fanno la loro parte. Essi sono gli inneschi a distanza di tutte le tensioni primordiali dell’uomo. Essi le alimentano con lo scopo di rispondere poi agli appetiti ed offrire le loro vittime sacrificali al “dio audience”. Anche i n questo caso, il fuori scena è il denaro, il potere ed il profitto. I nuovi untori agiscono nell’ombra (sarebbe meglio dire viene loro concesso di agire). Lo dicono gli stessi addetti ai lavori: i produttori non vogliono cose intelligenti, ma prodotti che attirino, sia tv-trash che programmi sensazionalisti. Agli ascolti corrispondo budget e quindi denaro.
Nel campo della salute la scena diventa ancora più grottesca e cinica. Il malato (ancora di più se cronico), l’handicappato su cui in apparenza si riversa la pietosa attenzione dei fautori del valore dell’uomo e della sua vita, alla fine dei fatti vengono considerati da una parte ideologica improduttivi e dall’altra casi pietosi di cui disfarsi. Forse è proprio questo il senso vero dell’eutanasia: liberarsi dei “vuoti a perdere” o liberarsi di una fatica e di una sofferenza.
Potremmo continuare ancora per molto nella nostra elencazione, ma alla fine non aggiungerebbe alcunché. A noi non rimane che rimarcare dolorosamente che l’immoralità è molto più diffusa di quello che si pensa. Da quella immoralità appariscente a quella frutto della furbizia e della malizia, fino a quella del quotidiano, come vedremo in seguito, l’uomo deve prendere consapevolezza che tutti, nessuno escluso, devono avviare un profondo e radicale rinnovamento della propria personale dimensione etica a partire dalla morale comune, quella che appartiene al quotidiano e che sfugge all’attenzione dei più.
Senza questa progressione che tende all’unità. Senza la verità come principio ispiratore ogni passo diventa virtuale, aleatorio ed estremamente instabile, per l’individuo e la collettività.
La verità è un amalgama potentissimo. Essa orienta decisamente verso rotte sicure, prudenti, anche se faticose e per vie impervie. L’unità della persona nelle sue dimensioni psicologica, fisica e spirituale è la base di partenza di tutte le proiezioni verso un futuro luminoso.
L’affermazione di cui sopra non chiede supporti di ordine religioso, meno che mai confessionale. Essa attinge all’antropologia del buon senso, quella che è capace di richiamare a sè tutte le conquiste del passato e farne tesoro. La psicologia stessa, per decennio considerata con sospetto dalla Chiesa è diventata oggi uno strumento di grande fecondità al servizio dell’uomo-creatura. Essa afferma che una delle massime conquiste della persona nella propria vita è quella dell’integrazione, dell’armonia interiore e dell’espressione esteriore del proprio essere. Invece oggigiorno tutto appare disintegrato e le componenti dell’uomo, dalle più elevate alle più bestiali, viaggiano in pena autonomia. Le prime fortemente instabili e manipolabili, le seconde facendo vedere i loro tremendi effetti.
Questo lavoro non vuole riporre la stessa visione manichea del bene e del male che intende criticare. Ma semplicemente mostrare che i rapporti di forza tra bene e male sono dentro l’uomo ed egli li può sottoporre al proprio controllo. Ognuno di noi sa perfettamente che cosa è il bene ed il male anche quando cerca di glissare a proprio comodo le strette di cuore provenienti dalla coscienza. Anche quando cerca di liberarsi dalla categoria del peccato, ed in apparenza sembra riuscirvi, il peccato alla fine ritorna a galla sotto varie forma, non ultimo il disagio la sofferenza morale che si traduce in una vita sofferta e senza senso. Si mi sento di poter dire che se è vero, come è vero che la malattia non è sempre frutto del peccato, è anche vero che una vita dissoluta e scientemente peccaminosa fa ammalare.
Ovviamente la categoria del peccato a cui faccio riferimento è quella che riguarda il comportamento delle persone e le logica conseguenze, e non intende quindi gettare una ombra di giudizio su nessuno. Si pensi alla droga, al sesso selvaggio, alla vita sregolata e onnipotentemente auto-centrata. Certo è vero che la misericordia di Dio prevale su tutto, ma il giudizio di Dio sul peccato è inequivocabile. Il “va e non peccare più” è l’emblema su cui tutta la Chiesa oggi deve riflettere. Il “va e non peccare più” riguarda tutti noi.
Al contrario la tensione verso il bene crea armonia, pace, beatitudine. Si la beatitudine è un sentimento che supera di gran lunga la felicità dovuta a fatti umani. La beatitudine è la pace con Dio, con se stessi e con gli uomini.
E’ il benessere nella definizione che ho dato in altri scritti che forse è bene esplicare nuovamente. Certamente il benessere a cui faccio riferimento non è certo quello che riguarda né la sfera della salute fisica e psichica, nè quella che riguarda la sfera economica e materiale.
In altre occasioni, giocando sulla simpatica, ho definito in altro modo questa condizione. E’ bastato dividere le parole di cui essa è composta per vedere apparire con stupore tutt’altro significato.
Il benessere trasdotto in bene-essere non riguarda più ciò che possediamo (anche la salute ed i beni materiali) ma riguarda la nostra persona nella sua interezza ed il suo agire visibile. Mentre il benessere è un qualche cosa che noi percepiamo con oggettività, il bene- essere è quanto appare agli altri di noi. Non sono i nostri beni ad attrarre, ma il nostro essere-bene ad edificare e ad imporsi. Chi possiede ricchezze può anche fare del bene non potrà mai avere la certezza che è la sua persona importante fino quando qualcuno dichiarerà apertamente che egli vale molto di più di quello che dà.
Questo principio mi è stato insegnato da una comunità di zingari rom. Un giorno uno dei capi mi chiese perché era così tanto tempo che non mi recavo al campo. Io arrossii puerilmente ed ammisi che avevo sospeso le visite perchè in qual momento non avevo più nulla da portare, nè vestiario, né viveri. Il capo mi guardò e mi disse:” Vieni tu con la tua amicizia, questo ci basta!”.
Sono certo che molti di coloro che stanno leggendo questa pagine hanno fatto analoga esperienza. Forse in treno, in una vacanza, o altro, sono venuti a contatto con persone speciali capaci di trasmettere pace e serenità, a partire talvolta dalla loro semplicità o modesta cultura. Chi sta nel bene-essere bene per se e per gli altri senza sforzo perché è così punto basta.
Altri, di converso incutono disagio, già dal loro sguardo, torbido ed inquietante, non sono certamente la personificazione del male, ma generano malessere. Sta a loro valutare con sincerità se il malessere generato è il frutto del male-essere (essere male per se e per gli altri). Le parole possono riempire tomi di menzogne, la vita è l’inclemente giudice delle verità che ci riguardano.
Ritornando sul nostro discorso sulla moralità ed avviandoci alla conclusione di questa introduzione credo che appaia ben chiaro che tutto ciò su cui andremo discorrendo è interrogazione per tutti, compreso per chi scrive.
E’ la proposta per la Chiesa del Terzo Millennio chiamata tutta ad una vera e propria “rivoluzione” (o possiamo dire “conversione se l’altro termine può mettere disagio). Le grandi dichiarazioni etiche offerte al mondo intero dal Magistero illuminato di almeno quattro Papi, si devono tradursi in linguaggio comune e comprensibile a tutti, ma soprattutto si devono tradurre in vita vissuta per tutti, per i Vescovi, i Presbiteri, i Diaconi, i Religiosi e Religiose, per le famiglie e per l’intero popolo di Dio.
“Tempus fugit”, il tempo passa e l’emergenza attuale richiede cambiamenti immediati, o quanto meno la visibilità dei segni dell’inizio di significativi di trasformazione.
In questo modo quello che sembra apparire come l’inizio di un processo di declino e di distruzione, si trasformerà in tempo di grazia e di rinnovamento. Anzi deve diventare tempo di forza e di vigore evangelizzatore, affinchè le accuse nichiliste si trasformino in richiamo a quella credibilità che può venire solo da un forte processo di purificazione.
[1] Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica “Ex corde Ecclesia”, 4