Pietro Villella
Il 29 Luglio u.s. Papa Francesco, il Papa latino-americano, appartenente ad uno tra i popoli più loquaci, festosi, comunicativi e gestuali della terra, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù del 2016, per la sua visita ai campi di sterminio nazisti (Auschwitz – Birkenau) ha scelto il silenzio.
Ha scelto il silenzio per far parlare lo Spirito, per pregare, ascoltare le nostre coscienze e forse perché si possa parlare e agire fuori dal cerimoniale, sempre, nella nostra vita e nella quotidianità.
A Birkenau terminavano la propria lugubre corsa i treni carichi di deportati per essere “trasformati” in cenere, come mera “merce” da trattare industrialmente; il fatto che potessero soffrire, sorridere, sperare, urlare, cantare o amare era del tutto marginale e trascurabile.
In quel folle binario morto non avevano termine solo le corse dei treni, ma terminava l’umanità dell’uomo, terminava la ragione, la coscienza e il discernimento del mondo, quel binario morto era la fine di tutto.
Tante, troppe volte la storia umana ha conosciuto simili follie.
Diciamo inorriditi “mai più”, ma come fare affinché veramente non si verifichino mai più simili aberrazioni nella storia dell’uomo? Quali sono i meccanismi da non mettere più in atto prima che sia ogni volta troppo tardi?!
Forse ci avviciniamo a simili “baratri” quando smettiamo di guardare le persone negli occhi, quando smettiamo di vedere di fronte a noi “l’uomo” e lo sostituiamo con un “simbolo”, un simbolo di pericolo religioso, etnico o politico, quando lo sostituiamo con la sagoma di un nemico o di un “intralcio” da rimuovere per il conseguimento dei nostri interessi; allora, probabilmente, stiamo preparando il terreno per l’abominio.
Questo è vero per le guerre, gli stermini, per il terrorismo etnico religioso, come quello politico – brigatistico o anarco insurrezionalista.
Non è demagogia, nessun contesto è immune da simili e annientanti meccanismi mentali e sociali.
Ogni volta che permettiamo alle nostre più primordiali “pulsioni”, compresa la paura, di piegare l’intelletto fino a non riconoscere più “l’umanità” di un individuo, di un gruppo o di 1 popolo, “quell’umanità” che occultiamo con la mente rischia di essere annientata dalla storia, con la violenza che si può indirizzare verso un mostro disumano, con la freddezza e la sistematicità che si riserva ad “un epidemia” o l’indifferenza che riserviamo a un insetto.
Dobbiamo imparare ed insegnare in ogni ambiente e in ogni luogo a considerare sempre la natura umana di coloro che abbiamo intorno, di coloro che non conosciamo, dei nostri concorrenti, antagonisti e persino dei nostri nemici; mai bisognerebbe distogliere quello “sguardo” dagli “occhi” dell’altro, perdendo la capacità di riconoscerlo come uomo, come nostro simile.